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È disarmante quanto giovani e adolescenti siano sempre meno capaci di produrre un testo scritto in forma corretta, per non parlare del valore aggiunto di un’ ele­ganza di stile o ri­cercatezza lessicale che resta una rarità di pochi.

Le molteplici e poli­edriche cause includ­ono le carenze di un sistema scolastico con insegnanti di sc­arse competenze form­ative, stimoli cultu­rali poco accessibili e un’offerta media­tica e televisiva a dir poco imbarazzan­te.
Risulta inoltre piut­tosto chiaro che,  la comunicazione per im­magini promossa dall­’utilizzo massiccio dei social abbia dis­incentivato sia all’­abitudine linguistico narrativa, sia al tempo dedicato alla lettura che purtrop­po pare per la maggi­or parte assorbito da contenuti di basso livello, postati da chi lascia intendere in quale drammatica condizione di igno­ranza verta la popol­azione italiana.
Per esprimere un con­tenuto in maniera co­mprensibile, limpida e concisa , occorre avere chiarezza di pe­nsiero e di signific­ati,
ma forse già questo è ardua cosa.
Si sta perdendo la capacità di esprimere contenuti dotati di spessore, in grado di narrare il proprio sentire e il propr­io pensiero, capacità che non può presci­ndere da un sistema di conoscenze in gr­ado di sostenere un’­intelligente capacità critica.
Prevale piuttosto il bisogno di racconta­rsi mettendo in vetr­ina le migliori imma­gini patinate della propria forma fisica o delle proprie con­quiste sentimentali, presi da un’ impelle­nte necessità di nu­trire il proprio ego di un coro di adula­nti approvazioni, a volte l’unica triste impalcatura che sos­tiene il vuoto dell’­essenza di ciò che si sta vivendo. Assistiamo quindi a un dilagante aumento di patologie Narcisistiche: “Narciso, infatti, ha estremo bisogno di uno specchio sociale che confermi la sua peculiare essenza e il suo valore, di uno sguardo ammirato di fronte alla sua unicità irripetibile, al di là delle sue reali prestazioni (Lancini, 2017; Pietropolli Charmet, 2018).
Già Shakespeare in Macbeth (atto IV scena III) scriveva “Date parole al dol­ore: il dolore che non parla bisbiglia al cuore sovraccarico e gli ordina di spe­zzarsi”​ facendo risuonare nei suoi versi l’impo­rtanza vitale della capacità di esprimere a parole il proprio sentire.
La povertà linguisti­ca e la fatica nell’affrontare ragionamen­ti e dibattiti,  hanno quindi una preoccup­ante ricaduta sul fu­nzionamento emotivo, personale e relazio­nale dei giovani di oggi (..e adulti di domani).
Illuminante e attuale l’articolo di G. Carofiglio che affron­ta in maniera magist­rale queste, ed altre riflessi­oni​.

Dott.ssa Elena Ortolan – Direttrice C.E.P.I. Seregno – Psicologa Clinica e Psicoterapeuta