Prima di affrontare il tema di questo articolo vorrei richiamare la vostra attenzione su qualcosa che spesso ci dimentichiamo di ricordare, ovvero che ognuno di noi, prima di essere diventato adulto, è stato bambino.
In quanto tale ha quindi attraversato diverse fasi evolutive che lo hanno portato ad esser quello che è oggi. Un corpo sviluppato che racchiude in sé una storia articolata di esperienze, pensieri, emozioni e relazioni.
La costruzione della nostra identità sia fisica che psichica è passata e passa attraverso il corpo, le esperienze legate al movimento e alle sensazioni di piacere/dispiacere percepito in relazione all’ ambiente e all’ altro.
In quest’ottica si può comprendere meglio quanto l’attività psicomotoria sia importante per favorire lo sviluppo armonico delle competenze del bambino in fase evolutiva, e soprattutto quanto il movimento possa attivare tutta una serie di capacità sia a livello motorio che cognitivo ed emotivo.
La psicomotricità è infatti una disciplina che si interessa della persona attraverso la valorizzazione del corpo considerato come base dello sviluppo dell’identità, espressione della vita emotiva, fondamento dei processi cognitivi e organizzatore della motricità in termini funzionali e relazionali.
Durante questo difficile momento storico siamo obbligati a rispettare diverse limitazioni.
Limitazioni che ostacolano la nostra libertà intesa come libertà di agire su noi stessi, sull’ altro e sul mondo esterno. Agire significa compiere un’azione. Compiendo un’azione vi è sempre una progettualità e quindi un pensiero.
Per esprimere un’azione è necessario potersi muovere di conseguenza possiamo capire quanto sia importante cercare di mantenere vivi questi meccanismi necessari per riattivare anche il piacere di pensare.
Vorrei provare a fare un’analogia tra adulto e bambino affrontando le restrizioni alle quali siamo soggetti durante questo periodo e come queste siano ricollegabili agli stessi concetti psicomotori sia pur vissuti ed elaborati in modo differente.
Prendiamo per esempio la misura di contenimento negli spostamenti e nel far sport per noi adulti. Se poniamo la nostra attenzione sul perché ne soffriamo cosi’ tanto le risposte potrebbero essere molteplici ma alla base di tutto si ritrova sempre il piacere che questa attività provoca in noi sia a livello corporeo che mentale. A livello corporeo in quanto le diverse contrazioni muscolari e toniche aumentano il livello di endorfine e quindi lo stato di benessere, a livello mentale perché l’attività motoria ci aiuta a liberarci dallo stress e ci apre la mente a nuovi possibili orizzonti.
I vissuti del nostro corpo sono quindi strettamente collegati con la nostra psiche e con il nostro modo di approcciarci alla vita e alle relazioni con gli altri.
Pensiamo, dunque, quanto sia importante per un bambino potersi muovere, giocare e sperimentare con il proprio corpo lo spazio, l’ambiente e l’altro in relazione al fatto di non avere ancora raggiunto la maturità in tutte le sue aree di sviluppo (motoria,cognitiva/ linguaggio ed emotiva-affettiva).
Noi adulti viviamo in modo un po’ differente questo movimento. finalizzato a vari scopi e progetti riferibili a esigenze personali che riguardano dati oggettivi quali ad esempio aumentare le prestazioni, migliorare l’aspetto fisico, oltrepassare i propri limiti o semplicemente spostarsi per raggiungere un luogo. Quello che viene dimenticato è l’ascolto di tutte le sensazioni sensoriali e percettive che sono alla base dell’atto motorio e che rappresentano in realtà il piacere originario che spinge inizialmente il bambino a compierlo.
Si può quindi ipotizzare che alla base del desiderio di muoversi da parte dell’adulto vi sia un piacere derivante da un ricordo di sensazioni primordiali immagazzinate nel corpo.
Ecco perché la situazione che stiamo vivendo durante questo periodo è diventata cosi’ difficile da accettare e da rispettare per noi adulti ed in modo diverso anche per i bambini, scatenando ansie, paure, rabbia o depressione.
Si tratta di disturbi emotivi ricollegabili a limitazioni nell’ utilizzo del nostro corpo: se è faticoso elaborarli per un adulto figuriamoci per un bambino che può arrivare ad esprimere il malessere attraverso somatizzazioni.
Si parla inoltre di distanziamento sociale ovvero mantenere il corpo distanziato dall’ altro senza potersi avvicinare: cosa comporta per un adulto? Anche in questo caso la libertà di movimento inteso come movimento del proprio corpo verso l’altro, viene a mancare. Siamo chiamati a un controllo della nostra postura e prossemica che ci allontana indirettamente anche tutti gli aspetti affettivi. Distanziare può essere anche positivo nella misura in cui alimenta il desiderio e crea pensieri legati ad aspettative personali: ma se la durata diventa eccessiva il desiderio si trasforma in angoscia e frustrazione fino a limitare anche il nostro modo di pensare.
Per il bambino il funzionamento è simile ma amplificato perché gli risulta difficile concepire che il corpo non possa incontrare l’altro in uno spazio e tempo ben definito e non in grado di elaborare il concetto di separazione. E l’attesa, che dovrebbe servire per creare in lui nuove rappresentazioni mentali spinte dal desiderio, potrebbe diventare incolmabile arrivando a rallentare persino il piacere di apprendere.
C’è poi un corpo da proteggere da invasioni esterne, da coprire con cura prima di “esporsi” al mondo al di fuori delle nostre case e disinfettare dopo. Un corpo che se non viene curato rischia di morire. La paura viene proiettata sul nostro corpo adulto, costretto a coprirsi il volto con mascherine che impediscono la differenziazione tra chi sono io e chi è l’altro. Tutti sembriamo simili e questo ci confonde.
Quanto è bello allora essere diversi, diversi nel corpo e nel pensiero, dato che sono collegati!?
E un bambino cosa percepisce rispetto alle invasioni possibili nel suo corpo? Sicuramente qualcosa di simile ma con sensazioni piu’ arcaiche e meno elaborabili se non attraverso esperienze di controllo rispetto i concetti di entrata e uscita agiti attraverso giochi col corpo, con oggetti o giochi simbolici dove può mettere in scena tutte le sue paure e rassicurasi.
Ci sarebbe molto di cui parlare ma la mia intenzione era solo quella di farvi “avvicinare” alla psicomotricità utilizzando alcune esperienze comuni della nostra vita quotidiana durante l’emergenza causata dal Coronavirus.
Spero di avervi aiutato a comprendere quanto la Psicomotricità possa essere importante per i bambini, di quanto possa essere un valido strumento in ambito preventivo-educativo, d’aiuto e supporto alla crescita fino ad assumere un potere terapeutico (Terapia Neuropsicomotoria).
ALESSANDRO BENINCASA
Psicomotricista Relazionale C.E.P.I.