Storicamente il concetto di dipendenza si limitava ad alcol e droghe ma ora sappiamo che sia una sostanza chimica che un’esperienza emotiva possono essere così gratificanti da instaurare relazioni disfunzionali di dipendenza.
Oggi si parla di nuove dipendenze o dipendenze comportamentali (gioco patologico, dipendenza sessuale e affettiva, acquisti compulsivi, dipendenza tecnologica, lavoro eccessivo…) per riferirsi a dipendenze legate ad oggetti o comportamenti che sono parte integrante del normale svolgimento dell’attività quotidiana ma che per alcune persone smettono di svolgere il loro ruolo sociale per diventare elementi schiavizzanti.
Sono dipendenze che compromettono il funzionamento personale sia a livello emotivo, affettivo-relazionale che cognitivo: il proprio autocontrollo spesso entra in difficoltà o addirittura perduto, la mente è occupata dall’idea di ripetere l’attività, la persona tenta di evitare e resistere ma non riesce nonostante si renda conto delle conseguenze negative.

Dipendenza tecnologica: si arriva ad un progressivo isolamento della persona che sempre più ha difficoltà a distinguere tra reale e virtuale.
Il rischio aumenta se si tratta di un adolescente alle prese con il suo percorso di crescita che verrebbe limitato se non addirittura ostacolato.

Dipendenza affettiva: la persona dona tutta sé stessa al partner elemosinando attenzioni e conferme in una sorta di sudditanza che riduce la propria autonomia. Chi si trova in questa condizione psicologica vive uno stato di sofferenza caratterizzato da svalutazione personale, isolamento e un deficit metacognitivo che sostiene l’incapacità di fondo a regolare i propri comportamenti e controllare gli impulsi.

Dipendenza da shopping: la persona, assalita da una tensione crescente, acquista oggetti in modo eccessivo o inutili o di valore superiore alla propria disponibilità economica. Fare acquisti occupa un tempo che aumenta progressivamente con la conseguente compromissione del normale funzionamento sociale e lavorativo.

Il soggetto non avendo consapevolezza della sua problematica, non può essere in grado di risolvere la sua situazione,  non trova vie di uscita al suo disagio se non ritornando ogni volta negli stessi comportamenti che gli danno un sollievo immediato e l’illusione di soddisfare i propri bisogni.
Spesso sono i familiari o le persone vicine i primi a riconoscere la problematicità e la gravità del disagio. Per loro è necessario uno spazio competente che li aiuti a ridefinire e ricollocare il sintomo in una dimensione di cambiamento e risoluzione.  Il percorso terapeutico aiuta a comprendere le dinamiche psichiche e situazionali che la persona sta vivendo, ad entrare in contatto con quelle parti di sé che alimentano il disagio imparando a superarle, valutando le proprie risorse e trovando un modo migliore di affrontare la propria situazione.

Nell’Area Dipendenze del CEPI opera un’équipe multidisciplinare composta da psichiatri e psicoterapeuti che garantiscono valutazione complessiva della situazione e interventi mirati alle singole necessità.